Presentazione di Vito Correddu Questa traduzione del Trattato della Pittura di Leonardo Da Vinci, permette di superare una sensazione di inacessibilità. Quando si leggono le pagine di questa collezione di appunti e stralci di riflessioni di Leonardo in italiano del 1500 si sente di avere un tesoro tra le mani ma di non poterlo cogliere fino in fondo per la sua difficoltà linguistica e contenutistica. Il “Libro di Pittura” è stato composto nel 1540 dal suo allievo Francesco Melzi (1491-1570) a cui Leonardo aveva lasciato i suoi manoscritti in eredità. Si presenta quindi come un patrimonio di inestimabile valore, tecnico, storico e soprattutto esistenziale, ma privo di quella sistematicità di esposizione e di pensiero dei trattati d’arte, che lo rende quasi impenetrabile al lettore moderno. Ci siamo chiesti come mai ancora nessuno avesse tradotto in italiano moderno questa pietra miliare della storia dell’arte, in effetti, a pensarci bene, anche questo può essere un sintomo della nostra epoca ancora così tanto materialista e meccanicista, dove l’essere umano concreto e la conoscenza non sono certo al centro delle preoccupazioni. A maggior ragione è necessario recuperare, reinterpretando e rinnovando, quelli che furono gli slanci che infuocarono le anime dei nostri illustri avi nelle epoche d’oro come fu appunto l’umanesimo storico. Il Trattato rappresenta un modo di vedere e interpretare l’arte forse del tutto perduto, e sicuramente estraneo ai nostri giorni. In questi appunti si mostra uno sguardo e un modo di vivere la pittura ancora non corrotta dal successo e dal denaro, atteggiamento che tra le altre cose Leonardo critica quando si rivolge ai giovani pittori. Questo antico modo di intendere la pittura ricco di relazioni tra il mondo spirituale e quello tecnico è tipico dell’umanesimo storico. In questa epoca avviene una riscoperta dell’essere umano e delle sue capacità creatrici e una profonda riflessione sulla sua natura. Questo spirito coinvolge generazioni di letterati, artisti, filosofi, arrivando alla classe nobiliare, ai condottieri e ai governanti, che trascinati da questo impulso verso la conoscenza, si dedicarono allo studio e alla ricerca, tanto da tralasciare, in alcuni casi, addirittura le questioni di stato. Ma questo momento, che vede gli albori nel XIII secolo ed esplode e si sviluppa in tutta Europa nel 1400, ben presto terminò. Col sacco di Roma (1527) e con i fanatismi della Riforma (1517) e della Controriforma (1545-63), tornò ad avere spazio quella mentalità rigida e assolutistica che spazzò via definitivamente l’umanesimo, e quel momento di slancio inteso come apertura e libertà di ricerca, cedette il passo alla violenza delle superpotenze colonialiste europee. Un caso emblematico di come furono osteggiati gli ultimi umanisti nel XVI secolo, è quello di Rodolfo II che fece di Praga l’ultimo baluardo umanista in una società che puntava dritta ai grandi imperi assoluti. Da allora di umanesimo se n’è visto sempre meno, a parte qualche scritto giovanile di Marx, bisogna fare un salto negli anni ’50 del XX secolo quando Sartre col suo scritto “L’Esistenzialismo è un Umanesimo” lo reintroduce e gli dà nuovamente impulso, fino ad arrivare a Mario Rodríguez Cobos, più conosciuto con lo pseudonimo di Silo, che lo recupera e lo rinnova profondamente, promuovendo una visione e una pratica umaniste al passo coi nuovi tempi. Leonardo Da Vinci esprime nei sui scritti questo slancio umanista che arriva fino a noi ancora ricco di suggestioni, stimoli e insegnamenti e infatti questa raccolta passata alla storia come “trattato” non è un ricettario su come fare le cose, tipico dell’artista artigiano, ma dell’uomo che nel mondo osserva se stesso, la sua intenzionalità, la sua capacità di cogliere e costruire la realtà. Quindi, il Trattato non è un’opera rivolta all’artigiano ma all’intellettuale, all’artista, al perspicace osservatore che analizza scientificamente il mondo senza perdere per questo il volo della fantasia e del sogno. La sua non è scienza esatta ma è ingegno in cui la tecnica è sempre e comunque al servizio della mente creatrice come strumento di elevazione dell’essere umano. |